MAESTRO DEI CASSONI CAMPANA
MAESTRO DEI CASSONI CAMPANA
documentato a Firenze tra il 1503 e il 1527
Natività
tempera su tavola
68×52 cm
Il nome Maestro dei Cassoni Campana trae origine da un articolo di Federico Zeri del 1976 (F. Zeri, Una congiunzione tra Firenze e Francia: il Maestro dei cassoni Campana, in ‘Diari di lavoro’, II, 1976, pp. 75-87) in cui lo studioso ricostruiva la personalità artistica di questo pittore, dicendolo d’oltralpe, a partire dalle quattro spalliere (e non cassoni nuziali come riteneva) conservate presso la Collezione Campana del Museé du Petit Palais di Avignone e raffiguranti le Storie di Minosse, Teseo e Arianna. Recentemente Annamaria Bernacchioni ha proposto di riconoscere nel Maestro anonimo tale Antonio di Jacopo Gallo il cui possibile riferimento al mondo d’oltralpe e la sua attestazione a Firenze tra il 1503 ed il 1527 (arco cronologico che ben si addice al Maestro Campana).
Nel frattempo il catalogo del Maestro ha avuto parecchi ritrovamenti di nuove opere così da poter più facilmente comprendere il suo excursus stilistico. Il legame di questo dipinto con quello di medesimo soggetto conservato al Fogg Art Museum di Cambridge (Inv. 1962-288) è indiscutibile nonostante abbia toni più naif. Altri stringenti riscontri sono con dipinti realizzati intorno al 1515 della Collezione Gerini di Firenze, Stössel di Zurigo e Signorini Corsi di L’Aquila.
Lo stato conservativo del dipinto è ottimo e si possono osservare appieno tutte le qualità esecutive e stilistiche dell’artista nello sfondo con un paesaggio fiabesco, negli occhi di alcuni personaggi rigonfi e nei visi stereotipati. La composizione può essere posta alla metà del secondo decennio del Cinquecento grazie anche alla sua resa luministica e cromatica che si coglie in particolare nella pittura del paesaggio e delle foreste. Chiari sono i rimandi ai dipinti di Piero di Cosimo, punto di riferimento ineludibile a Firenze nei primi decenni del secolo. Dal punto di vista compositivo invece il dipinto rimanda chiaramente alle opere di Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi. Dall’opera si rivela un artista che seppe ragionare a fondo sulle più importanti proposte pittoriche fiorentine della sua epoca restituendo quanto appreso con una personale e unica cifra stilistica.